Alessandro Geraldini
GERALDINI

Discorso di John Fitzgerald Kennedy

Ottobre 1962, dal settimanale "GENTE"
Corrispondenza di Fausto Vardabasso

KENNEDY  NON  HA  SCHERZATO RIVELANDO LA SUA DISCENDENZA ITALIANA

Il conte Antonello Geraldini sostiene, sulla scorta di numerosi documenti, che antichi legami esistono tra la sua famiglia e quella della madre del presidente americano

  "Ecco un altro Geraldini che entra nella storia". L’unica persona al mondo che a suo tempo abbia commentato in modo tanto singolare l’elezione di John FitzGerald Kennedy a presidente degli Stati Uniti, abita a Roma in via Piemonte 13. E’ il conte Antonello Geraldini, avvocato di professione e fin dai tempi della giovinezza cultore appassionato della Storia della casata. Egli non si è per nulla stupito, quindi, allorché il 12 ottobre Kennedy, in un discorso rivolto per il Columbus day agli italo-americani, accennò alla sua origine italiana. "Anche nelle mie vene, come nelle vostre, scorre sangue italiano".

     Il conte Geraldini è persona di gusto e di misura, perciò a suo tempo non aveva dato notizia dei diretti legami di discendenza con gli avi materni di Kennedy, i FitzGerald, e i Geraldini. Gli basta dire recisamente: "Gli avi materni del presidente Kennedy sono con assoluta certezza italiani. Il cognome FitzGerald altro non è che  la trasformazione irlandese del cognome italiano Geraldini, che io stesso porto; e posso dimostrare, sulla base di testimonianze dell’epoca, come avvenne che alcune famiglie Geraldini si trapiantarono dall’Italia in Gran Bretagna, e poi in Irlanda, diventando Fitz Gerald, figli di Geraldini". 

     Ed ecco le prove che Antonello Geraldini offre ai lettori di Gente e, perché no, ai consiglieri del presidente Kennedy.

 

GERALDINI,  SIGNORI D’ IRLANDA

     Fra’ Domenico da Rosario Odaly, domenicano, scrisse nel ‘500 un’opera intitolata Relativo Geraldinorum in Hibernia (Irlanda). In tale opera si legge che " Mauritius fitz vel filius Geraldino de Wendesoria, primis Geraldinorum appulit in Hibernia una cum Thoma et Gherardo" (per chi non abbia familiarità col latino, qui è detto che il cognome FitzGerald significa "nato Geraldini").

     Cristoforo Landino, nell’introduzione al suo noto Commento  della Divina Commedia scrive: "Erano in Inghilterra tre fratelli: Tommaso, Gherardo e Maurizio dell’antichissima famiglia dei Geraldini di Firenze, mandati in esilio per dissensioni civili; questi, nell’acquisto dell’Hibernia, sì pronta, sì franca, sì fedele opera prestarono al re d’Inghilterra, che, soggiogata l’isola, furono insigniti della signoria di tutta la parte piana di quella, dove sono molti popoli; e ancora ai tempi nostri restano i discendenti signori e massimamente il conte di Childaria e il conte di Desmond. Né il nome né l’insegna hanno mutato degli antichi Geraldini di Fiorenza".

     Ed eccoci alla terza testimonianza. Il 27 maggio 1507 Gerardo FitzGerald, viceré d’Irlanda, scriveva ai Geraldini di Firenze dal suo castello di Calot la seguente lettera: "A tutta la famiglia de’ Gherardini nobile di fama e di virtù, abitanti in Firenze, fratelli nostri amatissimi, Gherardo FitzGerald, conte di Childaria, viceré in tutto il regno d’Ibernia, a tutta la famiglia Gherardini, salute. Sommamente ci sono grate le vostre lettere, uomini prestantissimi, per le quali abbiamo potuto intendere e conoscere il fervore del vostro fraterno amore, il quale portate al vostro sangue. Ma acciò che si accresca il cumulo del vostro gaudio, vi avviserò brevemente dell’essere di vostra famiglia da queste parti. Sappiate dunque che i miei predecessori ed antichi passarono prima di Francia in Inghilterra, e, quivi alquanto dimorati, vennero in quest’isola d’Ibernia. Per forza di spada ottennero assai possessioni e fecero gan fatti d’armi e sono al presente cresciuti e moltiplicati in diverse piante e famiglie. Imperocché io, per grazia di Dio, pro jure ereditario posseggo comitato e son conte di Childaria con diverse castella e possessioni. E per liberalità di serenissimo nostro signore re d’Inghilterra, sono vicegerente in tutta l’Ibernia, infino a tanto che piacerà a sua maestà, la qualcosa mio padre e i predecessori miei più volte ottennero….. Avremmo gran desiderio sapere dei fatti degli antichi nostri: pertanto, se voi avete ricordo alcuno, datecene avviso; e qual sia l’origine della gente nostra avrò caro d’intenderlo, e che numerosità e che nome siano de’ vostri maggiori, e se di voi ne è in Francia, e chi della nostra famiglia abita nel paese romano, e come le cose passano avrei desiderio d’intenderlo perché ho un gran gaudio intendere cose nuove e prospere della casa nostra." Ecco dunque, spiegata con documenti sicuri, l’origine italiana della famiglia materna di Kennedy.

     Ma il conte Geraldini è in grado di spiegare anche le circostanze in cui altre famiglie Geraldini si trapiantarono dall’Italia in Inghilterra nel lontanissimo 1302. "A Firenze", egli ci ha detto, "i Geraldini erano sicuramente di parte ghibellina, e quando i Guelfi ebbero il sopravvento, furono condannati all’esilio. Sono in possesso della copia della sentenza  che condannò all’esilio Dante Alighieri, ed anche in quella sentenza è citato un Geraldini tra i compagni di condanna del poeta. Risalgono a quella circostanza le prime notizie storicamente certe sulla dispersione dei Geraldini da Firenze: alcune famiglie si recarono ad Amelia, in Umbria; altre varcarono la Manica (dove già c’erano dei Geraldini che offrirono loro rifugio) e si misero al servizio del re d’Inghilterra". Era gente forte, caparbia, coraggiosissima, come si conveniva al tempo in cui viveva; ed era, insieme, gente legata alla propria terra, agli ideali agresti che questa terra, l’Italia, ispirava. Ecco perciò alcune famiglie Geraldini ad Amelia cambiare il proprio stemma originario (che rappresentava un leone rampante)  in uno stemma pacifico, raffigurante una pianta d’ulivo con tre stelle d’oro; ed ecco altre famiglie Geraldini , in Gran Bretagna, mantenere il proprio antico bellicoso stemma  e combattere per il re d’Inghilterra.

 

IL SALVATORE DI COLOMBO

 

     Grazie alla sua discendenza dai Geraldini, esiste perfino un arcano, quasi prodigioso legame tra Kennedy e la sua attuale posizione al vertice del popolo americano. " Si deve infatti soprattutto a un Geraldini, e precisamente al vescovo Alessandro Geraldini, nunzio apostolico in Spagna e confessore della regina Isabella di Castiglia" ci ha spiegato il conte Antonello "se al congresso di Salamanca Cristoforo Colombo ottenne, anziché un processo per eresia, le caravelle e i mezzi per salpare da Palos alla scoperta dell’America. Ecco come andarono le cose. Tutti sanno che i dotti del tempo, riuniti a Salamanca da Ferdinando e Isabella, respinsero le teorie di Colombo sulla conformazione della terra, e che alcuni teologi presenti elevarono contro il grande genovese addirittura l’accusa di eresia, la più grave accusa che a quei tempi potesse colpire un uomo. Ebbene, chi "sbloccò" in quel momento la critica situazione di Cristoforo Colombo fu proprio il Geraldini, che riuscì a convincere l’inflessibile cardinale Mendoza (ultimo arbitro in materia di fede al congresso) a non mischiare il sacro col profano. "E’ vero che i teologi che hanno parlato sono insuperabili nel campo della dottrina cristiana" egli disse press’a poco al cardinale "ma sono altrettanto dotti in cosmografia ? " Non appena il cardinale sgombrò la strada di Colombo all’accusa di eresia, un grande finanziere spagnolo dell’epoca, il Santangelo, prese coraggio e domandò al navigatore quanto gli occorresse praticamente per realizzare il suo progetto."Due navi e tremila scudi d’oro" fu la risposta di Colombo. Al che il Santangelo: "D’accordo, vi fornisco io tutto". La regina Isabella si sentì allora mortificata, e decise sul momento di prendere in mano l’iniziativa".

     Tutta questa interessantissima cronaca non è frutto di fantasia, ma è minuziosamente narrata dallo stesso vescovo Geraldini del diario che egli tenne del Congresso e che poi pubblicò in un libro intitolato "Itinerarium", un vecchio ingiallito volume che il conte Antonello Geraldini conserva gelosamente nella propria biblioteca in via Piemonte. Tale fu anzi la gratitudine di Colombo verso l’amico e protettore, si legge nel volume, che diede il nome della di lui madre, Graziosa, ad un’isola delle Antille: l’isola si chiama oggi Vieques.

     "La storia della famiglia Geraldini è ricca d’uomini fedeli alle proprie idee, amici leali e sicuri, combattenti coraggiosi. Uno di essi, ad esempio, è il vescovo Agapito Geraldini di Amelia, vissuto dal 1450 al 1515, che Papa Alessandro VI affiancò, come consigliere e segretario particolare, a Cesare Borgia, il famoso Duca Valentino. Egli fu molto amico del Machiavelli, e non c’è dubbio che influì sulla sua spregiudicata ma realistica concezione politica, che anche oggi fa testo, come sempre ha fatto testo. Di lui così dice Ferdinando Ugelli nella sua Italia Sacra, pubblicata a Roma nel 1659: "Egli seguì Cesare Borgia nella buona e nell’avversa fortuna, anche quando tutti rifuggivano dai contatti col Valentino, ormai caduto in disgrazia". Una patente di onestà che onora questo personaggio, la cui firma, questa è una curiosità, tutti possono leggere sull’Enciclopedia Treccani sotto la copia fotostatica di un lasciapassare concesso a Leonardo da Vinci per autorizzarlo, nell’agosto del 1502, a recarsi in Romagna, onde studiarvi il sistema di fortificazioni.

    Di FitzGerald, in America e in Irlanda, ce ne sono oggi a bizzeffe, ma è certo che tutti traggono le loro origini dai Geraldini che le lotte intestine cacciarono da Firenze.

    "Sicuramente il presidente Kennedy non sa tutte queste cose" ha concluso il conte Antonello Geraldini "e io sono lieto di portarle a sua conoscenza con questa intervista. Penso che a nessuno al mondo possa dispiacere d’essere legato a personaggi che hanno avuto rapporti con uomini tanto grandi come Cristoforo Colombo, Leonardo da Vinci, Niccolò Machiavelli, Alessandro VI, Innocenzo VIII, i re Cattolici, Enrico VIII. E sarò ben felice di mettere i miei documenti a disposizione di Kennedy, se egli vorrà approfondire la sua conoscenza sull’origine della famiglia di sua madre. Questa conoscenza non gli potrà dare altro che la fierezza di essere anch’egli, in parte, erede di un preziosissimo patrimonio morale che può condensarsi in tre parole: lealtà, fedeltà, coraggio".