Alessandro Geraldini
GERALDINI

Ritratto di Monna Lisa Gherardini, detta la Gioconda

Fiorenzo Laurelli
fiorenzo.laurelli@gmail.com

LA PRIMA SIGNORA ELISA, O DELLA COMMITTENZA DEL RITRATTO DI MONNA LISA GHERARDINI, DETTO «LA GIOCONDA»

Stimolati dal rinnovarsi del dibattito sull’identificazione del personaggio che Leonardo da Vinci volle ritrarre nella cosiddetta Gioconda del Louvre, tenteremo di fornire un contributo per avallare la tesi che ella poté essere Monna Lisa Gherardini, fiorentina, proponendo la motivazione alla committenza del dipinto. Il nome di Lisa, sebbene universalmente noto, sarebbe di pacifica attribuzione se negli ultimi decenni non si fosse insistito su riconoscimenti ben differenti.

La biografia di Leonardo scritta da Carlo Vecce[1] è sicuramente l’ultima in ordine temporale a sollevare una questione meritevole di studio. Vorremmo, pertanto, ricordare le molteplici persone delle quali si è ritenuto leggere il ritratto in quello esposto nel museo parigino: oltre alla Gherardini, si è parlato diffusamente d’Isabella Gualanda, di Costanza d’Avalos, di Ginevra Benci, e più genericamente di una napoletana anonima ovvero di un’anonima fiorentina. Altrettanto tempestivamente pare il caso di segnalare quanto sia tardiva l’indagine, e particolarmente impegnativa la soluzione del rebus, proprio a motivo dell’attenzione critica che solo da cento anni ha ripreso ad illuminare l’opera leonardesca: i troppi secoli di effettivo oblio nei quali fu disperso l’enorme patrimonio trattatistico del Vinci ha contemporaneamente determinato l’acuirsi degli enigmi e frustrato molti tentativi d’esame del metodo. Non suona affatto fuori luogo, pertanto, l’auspicio di Pietro Marani che, ancora oggi, deve augurarsi che presto si possa creare un catalogo ragionato dell’opera del Nostro; repertorio «che, incredibilmente, è stato tentato solo un paio di volte dai tempi della monografia del Bodmer [1931; ...]»[2].

L’identificazione di Gioconda da sempre accettata è quella attribuita a Giorgio Vasari. Tutti i tentativi successivamente esperiti mostrano, pertanto, le difficoltà di ogni ricostruzione tentata a gran distanza temporale dall’oggetto di studio; così anche questo contributo dovrà necessariamente essere visto come ipotesi coerente con gli episodi storici apportati, ma ancora in attesa del definitivo imprimatur di verità provata che preferiamo ricevere da ulteriori indagini archivistiche.


[1] C. VECCE, Leonardo, Roma 1998.

[2] P.C. MARANI, Leonardo, Milano 1994, p. 145; ovviamente un catalogo redatto nel 1931 è ampiamente superato dall’evoluzione degli studi vinciani.